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La Famille: Alain Laboile

2024-01-21 16:56

Daniele Salviato

La Famille: Alain Laboile

Si può essere profondamente ispirati da un fotografo senza averne mai visto una foto o averne mai sentito parlare? Non posso dare nessuna risposta sen

Si può essere profondamente ispirati da un fotografo senza averne mai visto una foto o averne mai sentito parlare? Non posso dare nessuna risposta sensata, eppure è una domanda che mi è sorta spontanea dopo aver conosciuto i lavori sulla famiglia di Alain Laboile.

 

Nato a Bordeaux nel 1968, Alain si avvicina alla fotografia nei primi anni del 2000 come strumento per pubblicizzare il suo lavoro di scultore e sperimentando in maniera hobbistica la macrofotografia; solo con la nascita dei suoi 6 figli (Eliott, Olyana, Luna, Merlin, Dune e Nil) inizia a trasportare la fotografia in famiglia, in un contesto privato e più personale. Da allora inizia a documentare la vita dei suoi figli nella loro casa e nella campagna limitrofa, costruendo un album di famiglia fatto di spontaneità ed espressività. La notorietà giunge nel 2012, quando il New York Times pubblica i suoi ritratti di famiglia, facendo conoscere Laboile a livello globale; da allora ha esposto in tutto il mondo, dal Giappone agli Stati Uniti, e ha pubblicato diversi libri: At the Edge of the World (2015) e Summer of the Fawn (2018) sono solo due dei suoi libri che vi cito per avvicinarvi alla sua fotografia.

 

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Le foto di Alain si allontanano dai classici album fotografici familiari (per intenderci, quelli dove tutti noi ci rivediamo all’età di 8 anni in foto sbiadite con occhi rossi, sorrisi forzati e vestiti da Pierrot o da Pulcinella) divenendo una “eredità” da trasmettere ai propri figli (e non solo). Le sue immagini sono caratterizzate da una profonda leggerezza che avvolge e coinvolge l’osservatore nella gioia innocente dei suoi figli. Le corse a piedi nudi, i bagni nel fiume e i giochi sfrenati evocano empatia e giocano con la fantasia dell’osservatore; un giornale diventa una coperta, una tinozza si trasforma in barca, improvvisamente ci ritroviamo immersi nei giochi, sporchi di fango, sfiancati da una corsa infinita, felici.

 

Ritornando alla domanda iniziale, continuo a non avere una risposta reale. Ho conosciuto i lavori di Laboile quasi per caso, dopo aver parlato con un membro di un ciclo fotografico presso il quale avevo presentato Cuginanza e non posso non vedere un sentimento affine e un percorso a cui ispirarmi.